Piove…piove..piove…il tergicristalli fa quel che può mentre guidando nel crepuscolo esco da Parma e mi avvicino alla zona di Langhirano. I primi dolci declivi attorno al castello di Torrechiara sono ancora appena imbiancati dalla neve, ma se continua così in poco tempo torneranno color del fango. Comunque sarà questo posto è sempre bellissimo, nulla da invidiare a certi scorci della Toscana. Qui, oltre al castello che, signorile, ancora domina la valle, la campagna è decorata da ordinati filari di vite che seguono docili le curve del terreno addomesticati da sapienti contadini che conoscono la terra, l’esposizione al sole, le stagioni, le potature, i trattamenti…tutto sembra spontaneo e naturale, mentre in realtà è frutto di pazienza e millenaria conoscenza arrivata adesso nelle mani di questa giovane coppia piena di amore ed entusiasmo.
(ogni bandierina è un paese in cui sono arrivate le loro bottiglie…)
La mia meta è a Mattaleto, nella cantina di Antonio e Valentina Così ci siamo detti al telefono, almeno. Scopro che è un piccolo paesino, che non avevo mai notato, tra il castello e Langhirano. Buffo come certe volte cose o persone sconosciute per una vita diventino in brevissimo tempo parte di noi. E poi mi chiedo sempre “ma come ho fatto prima senza di loro?” e mentre non so dare una risposta parcheggio e raggiungo il cancello incurante del meteo inclemente. La casa mi accoglie col calore e la forma che le nonne hanno per i nipoti: riserbo e familiarità, coccole e cortesia.
Sono un po’ in imbarazzo perché tutto ciò che so del vino è che è fatto con l’uva, ma scopro che non è poi così scontato visto che ormai, mi dicono, ci sono mille modi ed ingredienti per rendere “vino” ciò che prima non lo era. E non si parla delle nozze di Cana.
Antonio e Valentina mi raccontano a due voci la loro scelta, la loro storia.
Hanno cominciato per gioco. C’è chi gioca a carte, c’è chi gioca a pallone e c’è chi gioca a fare il vino con gli amici. Così, per il gusto di stare insieme in questo angolo di campagna, da vigneti in affitto hanno cominciato a raccogliere, pigiare e far fermentare l’uva. I primi tentativi non erano bevibili, ma ogni anno affinavano la tecnica e il risultato diventava sempre più gradevole e migliore. Così facendosi il gioco sempre più avvincente e impegnativo, il lavoro aumentava finché fecero il primo salto: aprire un’azienda agricola. Gli amici rimasero tali, ma la decisione fu tutta di loro due. Perché quello che aumentava di anno in anno insieme alla soddisfazione e ai risultati era la loro comune passione, il divertimento e l’appagamento condiviso che avevano nel seguire tutto l’anno i vigneti (che non erano più nel frattempo solo in affitto ma anche loro) . Mi hanno spiegato che ci sono solo due mesi di poca attività: dicembre e gennaio. Per tutti gli altri dieci mesi Antonio va in vigna prima di andare al lavoro perché ci sono controlli e operazioni da fare o interventi che vuole seguire di persona. Anche Valentina è coinvolta quanto lui magari con funzioni diverse, magari per dare una mano al marito ma sempre lavorando in tandem per lo stesso scopo: coltivare uva buona per fare vino buono. Hanno poi anche scelto il metodo biologico per la coltivazione e hanno anche scelto di non aggiungere nulla di innaturale convinti che facendo Bene la Natura sa dare il suo Buono. E’ davvero confortante scoprire altre persone così coraggiose, in questi tempi di chiusura del traffico per polveri sottili c’è chi porta il suo personale contributo brindando alla salute!
Mi fanno vedere le due piccolissime cantine dove hanno i tini e lo stoccaggio della loro produzione. Le pietre parlano di stagioni fredde e stagioni afose, di lavoro alacre, musica e silenzi soddisfatti..si immagina la nonna che qui aveva la sua trattoria appendere i salami ai ganci della volta in pietra, ma si immaginano anche le figlie di Antonio e Valentina che aiutano come possono mamma e papà in questa gioco magico che rende tutti felici. Per ora si dedicano alla produzione di Malvasia (con uno speciale procedimento che include anche una breve macerazione con le bucce), di Malvasia passita, di Barbera Bonarda, Sauvignon blanc e Cabernet Sauvignon e tra agosto e settembre queste piccole cantine diventano un’officina di operosità e speranza, di fatica e determinazione.
Osservo le bottiglie ben allineate di Malvasia dal bellissimo color ambra e ancora una volta mi stupisco pensando alle notti che Antonio ha passato nello studiare come imbottigliare qualcosa di buono pescando anche dal suo lavoro di chimico, e a Valentina che con lui ha condiviso, sostenuto e spronato questo sogno divenuto realtà. C’è armonia in tutto questo, armonia tra loro due e armonia nel modo in cui gestiscono questa attività. Armonia e passione. Io non posso che ascoltare e imparare. E raccontare: perché il loro entusiasmo e il loro lavoro possano allietare anche voi rendendo migliori la vostra tavola come il vostro spirito. Prosit!
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Per contattarli, conoscere loro e le loro iniziative e magari sorbire un buon calice di vino informatevi su Facebook “Azienda Agricola Antonio Aldini “