Credo di aver trovato la miglior cura antiage.
Una settimana in cambusa con due giovani leve, una manciata di giovani animatori e 24 pulcini di terza e quarta elementare. Location : una casa in collina immersa nella pineta, protetta da una antica pieve matildica che solenne quanto essenziale si erge su una rupe da cui lo sguardo di giorno si perde e si allunga su dolci declivi di prati, di campi, di case…verde e oro in questa stagione,interrotti solo da macchie di rosa e bianco dove le rose,curate o selvatiche, fioriscono generose; il cielo per lo più azzurro sfuma fino a diventare quasi bianco quando l’afa opprime la città lontana.
Raggiungere invece la Rupe di notte significa sfidare la paura del buio vero e avvolgente del bosco, in cui terra e alberi sono tutti di un unico nero denso e inchiostrato; significa ascoltare il silenzio delle nostre parole timorose e le voci della Natura che parla una lingua che conosciamo poco, nella brezza che sveglia appena le foglie, nel verso della civetta chissà dove, un ramo secco o un sasso mossi da misteriose zampette nel sottobosco…per poi raggiungere come un porto sicuro questa roccia a picco sui prati di un nero diverso però perchè è sotto un cielo che sa di infinito, di stelle e di luna… un cielo che ci ricorda la nostra giusta dimensione di esistenze su questa Terra, e in questa giusta dimensione troviamo pace, credo perché simao in equilibrio tra la sensazione di onnipotenza e il timore dell’impotenza. Alla Rupe siamo noi, stelle e vegetazione in armonica convivenza.
In cambusa la musica è diversa.
Si parte alle otto del mattino e si slaccia il grembiule anche dopo le ventitré.
Il grembiule è la mia corazza: mi protegge dagli schizzi di sughi bollenti e dispettosi, mi asciuga le mani quando lo strofinaccio resta accartocciato troppo lontano dalla cornetta del telefono, e contiene nelle sue immancabili tasche scottex e mollette fuori sede . Il grembiule è la mia tuta dai super poteri: se apro il frigo senza vedo solo scaffali sguarniti, se lo indosso vedo ingredienti che si assemblano in fantasiose frittate o paste al forno, frutta e verdura che si trasformano in pasti completi o esperimenti , lo ammetto, a volte rischiosi! In cambusa il menù giornaliero era appeso in bella vista, come traccia , come spunto…ma ogni mattina, archiviate le pentole della colazione, le nostre tre paia di occhiali si guardavano perplesse , le mani sui fianchi e uno sguardo in dispensa e voilà il menù diventava un fuoco d’artificio , un esercizio di fantasia, una sfida per coniugare esperienza e novità. Pensavo di avere due aiuti alle prime armi, giovani volenterosi pronti a pelar patate o affettare cipolle e invece ho trovato giovani sì volenterosi ma anche esperti di mestoli e coltelli che anche senza grembiule gestivano carni e verdure come abili giocolieri, senza timore ma anzi con serenità. E, sopratutto, allegria! Abbiamo riso tantissimo, osservando il pollo al limone che stentava a prendere sapore…sperimentando il muffin perfetto all’olio extravergine d’oliva…abbiamo temuto quando il pentolone d’acqua non arrivava a bollore e i pulcini affamati avevano già apparecchiato…abbiamo preparato tanti caffè e spesso poi nella foga della preparazione diventavano freddi ancora nella moka…abbiamo affettato centinaia di fette di prosciutto…spaccato ottanta uova…sbucciato kili di patate e pelato kili di salsiccia mentre la nostra colonna sonora erano voci di bambini che giocavano sul retro o urla di animatori che chiamavano a raccolta per qualche attività, oppure, in rari momenti di calma o preghiera, dalla finestra qualche uccellino cantava il suo messaggio…
Ogni volta che il pentolone o le teglie uscivano di cucina per arrivare in tavola speravamo che andasse tutto bene, ma ogni volta che ritornavano vuote la soddisfazione e il sollievo ci davano l’energia per sgurare quei diametri e quelle capienze inusuali nelle nostre piccole cucine a valle.
Ogni sera, quando riponevo il mio grembiule dai super poteri e spegnevo la luce sulle stoviglie pulite era come svegliarsi da un incantesimo e sebbene decisamente stanca non potevo dormire, o meglio desideravo arrivasse mattina al più presto perché la magia si ripetesse ancora.
Mi sono chiesta poi da dove veniva questa sensazione…sicuramente stare in cucina è storicamente per me un mantra che si ripete dall’adolescenza, un po’ per passione, un po’ per necessità, resta comunque un ambito in cui sto bene, sono ben lontana da piatti sopraffini, da me vige la fantasia che corregge la necessità. Ma ciò che rende questa settimana in cambusa così speciale è sicuramente il contesto: e cioè vedere che tanti giovani e giovanissimi dedicano parte delle loro vacanze a stare insieme, a inventare giochi per insegnare ai più piccoli la convivenza, il rispetto, l’impegno e anche la sconfitta…per aver paura con loro del buio e per attraversarlo con loro fino alla luce della Luna…per divertirsi e pensare…per essere sé stessi e apprezzare le diversità…per lavare col sorriso casse di pomodori e pulire pentoloni…vedere tanti giovani così apre il cuore, sono segno evidente che la speranza ha già una parte di certezza…che il Buono avanza, forse silenzioso, ma cresce forte e rigoglioso come la pineta che ci rinfresca di giorno o come le stelle che brillano di notte…e sapere che anche le nostre risate in cambusa, la nostra fantasia e il nostro impegno hanno contribuito a questo Bene beh scalda il cuore, lo dilata in un grande sorriso che vorrebbe coinvolgere tutti, che vorrebbe trasmettere positività e fiducia laddove sembra dominare paura e pessimismo.
La realtà buona va cercata qui: dove la collaborazione si mescola alla gioia, dove il sacrificio si stempera con l’amicizia, dove da sola non posso nulla ma in compagnia avvengono miracoli… dove il bello diventa buono e nutre il Bene.
E la nostalgia che si prova quando si torna a casa è un fertilizzante per il quotidiano, perché cercando di riprodurre quel clima così speciale la mia cucina diventa una cambusa, indosso il grembiule magico e non importa se a tavola non ho 24 pulcini ma due o tre galletti maturi, è lo stesso… la passione è la stessa… lo scopo è lo stesso… mancano solo le stelle e il buio, ma anche per questo la nostalgia mi aiuta: come un promemoria evidenziato sul frigo so già che fra un anno potrei tornare lassù, a nutrire pulcini, a nutrirmi d’amore.
GRAZIE, di cuore, a chi ha vissuto con me questa esperienza, e grazie di cuore a tutti quelli che realizzano esperienze simili che, come rose spontanee, continuano a fiorire generose attorno a noi!
È bellissimo. Trasmette a chi legge la
sensazione di avere condiviso l’esperienza.
grazie!! allora ho raggiunto lo scopo!!
Buona cambusa a tutti!!