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Mariuccia, il Guant e molto altro.

domenica 31 dicembre 2017

 

Cercavo una sarta che sapesse cucire il costume tradizionale della Val di Fassa, il Guant appunto.
Ricorderete l’ antefatto completo   nel post  di settembre “Dietro le quinte”. Se però proprio non avete i 5 minuti necessari per leggerlo vi riassumo che è da quasi un anno che la inseguo, che ad agosto l’ho trovata e che è da allora che a più riprese la incontro e cerco di raccogliere tutti i pezzi per poterla raccontare.
 Cercavo una sarta, ho trovato Mariuccia.
E c’è una bella differenza!

Più  la conosco più raccontarla mi sembra un’ impresa titanica. Proprio come cucire un Guant.
Perché non si tratta di descrivere un abito. Perché non si può riassumere una vita così intensa e varia in un post. Perché entrambi si meritano parole accurate, precise, rispettose e sopratutto belle!
Ci provo, raccolgo la sfida e vi racconto.
Mariuccia ha gli occhi grandi grigioverdi, attenti e penetranti. Mi racconta la sua vita e cerca di capire la mia. Lei è ladina, io lo sono per 1/6 ma quella frazione palpita orgogliosa e lei la sente, tanto che ogni tanto mi mette alla prova con qualche frase nella sua lingua che bene o male capisco dandole una piccola soddisfazione . I ricordi sono tanti, la dialettica arguta e precisa, Mariuccia è anche  spiritosa ma mai banale o superficiale, dietro al sorriso brilla saggezza.

Ascoltare la sua storia è come assistere a uno spettacolo di fuochi d’artificio, a volte di un colore solo, a volte ci sono mille sfumature; a volte c’è una pausa di silenzio ma poi lo spettacolo riprende pieno di suoni scoppiettanti.

Ha cominciato a cucire controvoglia a 14 anni: bisognava lavorare e quello c’era.

 Ha imparato in una bottega e poi presso le suore.
Ha imparato facendo, disfando, cucendo.
Ha imparato a lavorare senza sosta e senza pretese. Il senso del dovere ha piano piano rivelato la sua passione e la sua abilità .  Si sposa giovane e tra una abito e una culla nascono sei figli. Troppo presto rimane sola con tutta quella prole, ma con l’energia e l’umiltà di una gran lavoratrice riesce a non far mancare mai il pane e l’istruzione ai suoi figli. Il cucito , quello fatto bene anche  su misura , quello che ti dura una vita, la sostiene ma ci sono momenti in cui deve integrare con altri mestieri, come per esempio , gestire e lavorare in un rifugio. I figli crescendo la ricambiano delle sue fatiche e si mettono a lavorare o a studiare sodo senza perdere tempo.
Non mancano le preoccupazioni ma non manca mai nemmeno il necessario per una vita onesta, dignitosa e completa.
Finché un giorno la Provincia di Trento le chiede  se può confezionare un Guant , da donna e da uomo , per una comunità ladina negli USA. Lei ancora non ci crede: in America? Mai sentito di ladini laggiù…ma è un popolo abituato a muoversi e viaggiare e potrebbe davvero essere. Lei si mette al lavoro e da quella prima volta non sa più quanti ne ha cuciti, l’ultimo è ancora lì sul tavolo: il bellissimo grembiule di seta verde aspetta di essere orlato. 
Ma vorrei che si capisse bene l’importanza e la bellezza di questa storia. E del Guant.
Mariuccia è cresciuta nella Val di Fassa che vediamo in bianco e nero, quella di case semplici, di fieno raccolto a mano in alta montagna, magari coi ramponi per non scivolare lungo i pendii erbosi. Quando le strade asfaltate erano poche e quelle fangose molte. Quando la carne si mangiava per le feste e la polenta tutti i giorni. Quando per ospitare i primi turisti nel dopoguerra era normale affittare le stanze personali e dormire nel fienile, con tutta la gioia e il divertimento dei bambini che vivevano il tutto come un’avventura. In questo contesto , non certo in bianco e nero ma sapido e variopinto, Mariuccia è cresciuta , ha lavorato tanto , ha amato , ha gioito e sofferto, e seppur il bellissimo panorama fosse sempre lo stesso la sua mente è sempre restata aperta e curiosa. Imparare a cucire non è stata una scelta sua ma ha saputo accettarla e farla propria. Quando mi racconta i luoghi e le persone seguirla è difficile perché si intrecciano in un bellissimo arazzo in continua evoluzione ,  mi svela il tessuto sociale sul quale scorrono serene le nostre vacanze. Spessa la deludo quando mi parla di persone che dovrei riconoscere per il semplice fatto che sono quelli dell’albergo Tal dei Tali, ma io che vengo qui da 50 anni a casa di mio papà non so nemmeno che ci sono quegli alberghi , io so dov’è il macellaio, il giornalaio e la farmacia. Lei mi parla di famiglie e di matrimoni e di figli che vedo tutti i giorni, ma  che non conosco anche se  lavorano mentre io scorrazzo per rifugi. Sono due mondi paralleli che scorrono perché vacanza e lavoro coesistono alternandosi. Bene. Mariuccia mi ha fatto entrare nel suo mondo e la mia Val di Fassa adesso non è più la stessa, si è arricchita di storie e di persone che amplificano la bellezza delle Dolomiti.
E poi c è il Guant.

L’abito tradizionale fassano è segno di identità , di appartenenza, di storia e di futuro. Ogni particolare ha una storia e un perché. Nel corso del tempo si è evoluto e arricchito con tessuti o gioielli che arrivavano coi rari venditori ambulanti o coi racconti di nuove mode al di là  della valle portate dai pintor o dai musici ladini che si guadagnavano da vivere come artisti nomadi .
Ogni piega, ogni punto, ogni pizzo, ogni strato va cucito secondo un preciso , direi, rituale. Così come indossarlo e portarlo non è per tutti, non è un travestimento bisogna “ sentirlo “ , è individuale  e identificativo di una comunità ben precisa di cui andare fieri.
La storia, la vita di Mariuccia è impregnata di tutte queste cose, di tutti questi significati e valori. Conoscerla e ascoltarla, sopratutto col cuore , mi ha fatto capire la bellezza, la ricchezza e l’importanza di saper cucire un abito così importante.
Poi mi ha fatto un regalo. Inaspettato e commovente .
 L’ultima volta che sono andata da lei per far fare a mio marito qualche bella foto eravamo di corsa perché dovevamo andare a sentire la presentazione di un libro di storie e ricette fassane scritto anche da sua figlia. Un libro  per sottolineare ai fassani il senso di appartenenza e per permettere a chi ha cuore e mente aperte di conoscere un popolo prezioso. Bene , dicevo…entriamo, la luce del primo tramonto illumina la cucina, fuori fa freddo
“ Ciao Mariuccia, scusa facciamo due foto al vestito e scappiamo…”
La solita frenesia cittadina, che per noi significa poco disturbo ma che qui forse è poco cortese.
“Ma no dai, fate tardi alla presentazione…venite dopo con calma!”
Ha ragione, mancano 3 minuti all’inizio…”ok! Va bene, torniamo dopo…”
La presentazione è stata davvero bella ma le foto ci aspettavano e sopratutto ci aspettava il viaggio di ritorno entro cena. Ci defiliamo e torniamo da lei.
“Vuoi provarlo?”
Io?? Ma no, dai…non ti preoccupare…non vorrei rovinarlo…non so…è bellissimo ma…
Mi guarda coi suoi occhi penetranti :“Se non lo indossi è un’ occasione persa che non ti ricapiterà “ .
La piccola frazione di ladinità fassana che è in me cede, volentieri, con malcelato entusiasmo.
Non si tratta solo di indossare un abito meraviglioso ma di sentirsi accolti e accettati, di avere un privilegio e un riconoscimento .
“Dai, togli i vestiti che ti aiuto” mi ordina per non farmi cambiare idea.
Poi Mariuccia felice  mi aiuta a indossare la camicia di lino coi pizzi fatti a mano, “Mancano i mutandoni di pizzo, ma devo finirli…dai è lo stesso per sta volta…”
 Poi la pesante gonna di lana nera plissettata (adesso a macchina a Milano, una volta si faceva con 7 bagni nell’acqua fredda della fontana) che è un tutt’uno col corpetto ricamato a stelle alpine e nontiscordardimé e il foulard di seta e tulle.
Infine un frusciante grembiule di seta verde damascato stretto in vita con un bel fiocco morbido e abbondante.

 Resto così senza le scarpe coi miei calzettoni di lana ma mi sento una regina… le parti che mancano per farlo completo riflettono le parti che mi mancano per essere tutta ladina…

Ma è bellissimo! Mi calza a pennello! Sembra fatto per me!
Indossare il Guant non è solo mettere un vestito, il Guant necessita anche di acconciatura e gioielli. E così anche se ho i capelli corti  trova il modo di pettinarmi con spilloni in filigrana , orecchini e collana di corallo rossi come le Dolomiti di sera all’ enrosadira. Sono emozionata, un leggero imbarazzo dondola con un sottile orgoglio , se solo sapessi dire due parole in ladino!
Il tempo di poche foto, il tempo che le nuvole in cielo da rosse diventino un tutt’uno con la notte e , a malincuore, mi cambio. Non ho parole per ringraziare come vorrei, ho dentro un fuoco d’artificio silenzioso, splendente e silenzioso come la luce al mattino nei boschi.
“Grazie di tutto Mariuccia, auguri di buon Natale e a presto! “ e spero che senta quanto queste parole siano piene del loro significato.
L’abito è steso sul tavolo in attesa di ultimi punti di rifinitura e io me ne vado a malincuore: vorrei ascoltare altre storie, altri racconti  che mi aprano gli occhi su questa valle, che mi insegnino a conoscere e capire tutte le valli e le popolazioni che hanno un identità così forte . Forse non indosserò mai più un Guant così bello ma credo che qui ci tornerò per un saluto ,magari con calma, e per scoprire dove arrivano le mie radici.
Grazie Mariuccia, perché mi hai aperto la porta.
Grazie perché mi hai aperto il cuore!

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