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PG Lab, a fior di pelle.

domenica 25 febbraio 2018

Siamo a Roma, il cielo di Settembre quasi non si vede mentre cerco parcheggio lungo una strada che, dal nome latino, evoca traffici e spostamenti , viaggiatori e movimento.

Mentre qui tutto scorre da secoli io trovo magicamente parcheggio e cerco a piedi il civico 408.
Sorrido. 408…!!
Un civico così alto nella mia piccola Parma non so esiste,  quantomeno è insolito, significa case e case… milioni di appartamenti… milioni di famiglie, persone, storie…mi gira la testa e allora mi focalizzo sul campanello.
 Mentre aspetto alzo lo sguardo: il palazzo ha almeno cinque piani e si oppone alla fiera cortina di alberi del parco di fronte, alcuni sono ancora più alti come a rivendicare il loro primato.
Una striscia di cielo li separa , una striscia di azzurro che mette pace tra i mattoni e le foglie.
Si apre il portone e nella penombra mi accoglie un grande androne con un odore di casa, anzi di case: un’odore che sa di vite intrecciate, di giornate assolate e stagioni piovose, di passi veloci e cammini stanchi, di profumi da signora e aromi di cibo…mi accoglie e mi invita a salire.
 Io non amo gli ascensori e questo di legno decisamente poco tecnologico mi preoccupa, ma se salgo cinque piani a piedi arrivo già affannata e non mi sembra decoroso. 
La scala mi tenta : bellissima, di pietra grigia, una spirale liscia che accompagna la fatica.
Resisto e schiaccio il tasto 5.
C’è un silenzio inaspettato considerato il traffico là fuori e l’atmosfera tranquilla , ancora non lo so, mi prepara all’incontro con PG.
Esco dall’ ascensore , sono all’ ultimo piano ma noto che le scale ancora salgono un ultimo ricciolo di marmo: strano, penso.
Il sorriso di PG mi distrae e mi accoglie sulla porta . Entro e non è decisamente il suo laboratorio, è la casa innondata dalla luce bellissima di Roma a settembre , attraverso le grandi finestre si intravedono piante e fiori nel pieno della loro bellezza, un giardino sulla città per contrastare lo smog. Mentre ci salutiamo sulla porta di casa prende le chiavi e affrontiamo l’ultimo giro di scale, fino a una porticina , un’ anonima porticina che ci porta finalmente al laboratorio. Il posto è magico: da quassù il cielo è solleticato dalle ultime fronde degli alberi del parco e dalle innumerevoli e fantasiose antenne dei tetti . Non le parabole, ma le vecchie antenne puntute , trespolo per gli uccelli stanchi di migrare sulla città eterna.
Mi sento in cima al mondo. Il cielo è azzurro caldo, l’aria una brezza leggera e PG mi racconta. 
La storia è molto semplice, come tutte le cose che fa. Dove semplice non vuol dire facile, banale, usuale. Semplice vuol dire anni di lavoro e tempi di pausa. Semplice vuol dire pulire dall’inutile e imbellire l’essenziale. Semplice vuol dire molti tentativi e prove, errori e successi. Semplice vuol dire una  passione che  lo ha accompagnato fin  dalla sua giovinezza quando, durante il servizio militare all’ Aquila, per non restare inoperoso quando la sera aveva finito io suo servizio in caserma, comprò il suo primo pezzo di cuoio e cominciò  a imbastire e cucire oggetti utili , cercando istintivamente di coniugare bellezza e praticità.
La mia prima cartella di scuola me l’ha fatta lui : classica, di pelle chiara, resistentissima e capiente, ha preso acqua e sole accompagnandomi a scuola tutti i giorni.
I vari miei traslochi l’hanno purtroppo persa, ma non ho perso l’orgoglio con cui la portavo.
Ma torniamo a PG quando la vita, la famiglia e il lavoro hanno rallentato molto la sua vena creativa , senza però mai trascurare un piccolo angolo dove poter tagliare e cucire qualche pezzo di pelle , magari per sé o per gli amici.
 PG mi racconta, col suo garbo anglosassone e la sua “erre” morbida, che ha imparato da solo, quando  non c’era internet, e se non avevi qualcuno che ti insegnava forse trovavi qualche libro.  Per lui i veri maestri sono stati il tempo e gli errori, maestri pazienti e intransigenti,  i cui insegnamenti valgono più di mille tutorials. Adesso che può godersi la pensione, in questo angolo su un tetto al sesto piano  avvolto di cielo e di rondini, PG si mette al lavoro. Sugli scaffali pezze di cuoio di tutti i colori, alcuni morbidi e sottili, altri spessi e robusti. Ordinata per tipologia tutta la minuteria per le rifiniture: fibbie, ganci e moschettoni, borchie e chiodini di ottone per completare le sue borse. Poche  macchine lo aiutano dove è davvero inevitabile. Ci tiene a farmi notare , con comprensibile orgoglio, che è tutto cucito a mano, con fettucce di pelle in tinta o a contrasto , cuciture salde e decorative. A volte deve usare qualche punto di colla ma se osserverete una qualsiasi sua borsa noterete la fattura completamente a mano. Ma dovrete anche immaginare i passaggi lenti e accurati nel fare i tagli, la precisione nel fare i buchi e poi sentire il fruscio del laccio di cuoio che scorre nella cucitura, o lo scatto della borchia pressata; oppure dovrete immaginarvelo che sul tavolo da lavoro maneggia e accosta colori e consistenze diverse e magari,con lo sguardo assorto sui tetti di Roma, immagina la prossima cartella…
Ogni pezzo è unico.
 Un po’ perché a lui non piace fare le cose in serie, un po’ perché le richieste sono a volte personalizzate, un po’ perché il cuoio essendo naturale non è sempre identico, un po’ perché gli piace sperimentare e un po’ perché è libero di fare quel che gli piace cercando nuove linee e abbinamenti.
Intanto che mi racconta e spiega accarezza e sistema avanzi di pelle colorati, compagni di lavoro di  tante ore passate quassù, e lo sguardo mi dice che  forse sta già pensando a come utilizzarli…
Come sempre vengo tentata dal fermarmi lì, sedermi sullo sgabello e cominciare ad imparare qualcosa. Ma è ormai sera e il tempo che PG mi può dedicare è volato e finito.  Uscendo dal laboratorio veniamo sorpresi dalla luce del tramonto, un cielo che come direbbe Omero “ha le dita di rosa” così bello che perfino le antenne impettite e disordinate sembrano ondeggiare come le foglie del parco… la porticina ci chiude alle spalle questo spettacolo e scendo il giro scala in silenzio, pensando che per lui è un gesto quotidiano mentre io spero di tornare al più presto.
Che viviate a Roma o no,  potete visitare il suo sito e vedere tutto quello che fa descritto per bene da immagini e particolari , considerando che esiste anche l’opzione su misura da concordare con lui.
Io intanto faccio le scale a piedi per raccogliere , gradino dopo gradino, tutti i colori e le informazioni ricevute , finché mi ritrovo nell’ androne che profuma di sera, si apre il portone e vengo avvolta dal traffico, dai clacson e dalla consueta vitalità romana…il cielo, le antenne le fronde sono lassù che sfiorano il cuoio e giocano coi colori.
E magari PG sta già tagliando la mia prossima borsa. 
Per maggiori dettagli cercate “www.pglab.it”, scoprirete che PG sta per Piergiorgio e vedrete quante cose belle e utili sa fare.
Non vi metto le foto così ci dovete andare, davvero ne vale la pena
Se poi vorrete anche toccarle, maneggiarle, usarle…sono certa: diventeranno la vostra seconda pelle!

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